Sono molti gli intellettuali che cercano di mettere in guardia il mondo della scuola dal diffondersi della didattica debole. E spesso internet può essere proprio lo strumento per indurci in questa tentazione. La figura dell’insegnante come “mediatore culturale” di una rete detentrice del sapere reppresenterebbe una regressione qualitativa dei processi di apprendimento di cui il nostro paese ha tutt’altro che bisogno.
Gianni Marconato in un recente articolo in cui parla delle Flipped Class (la classe capovolta in cui l’insegnamento-apprendimento avviene a casa con contenuti largamente prelevati dalla rete ed in classe si rielabora) si esprime in questi termini:
Seguo sempre con molta curiosità ogni “innovazione” che riguarda la scuola, l’insegnamento, l’apprendimento. Pur essendo una persona molto curiosa ed attenta ai segnali deboli, è difficile che mi innamori a prima vista soprattutto di ciò che viene proposto con l’etichetta di “innovazione”. Troppo spesso tante sedicenti innovazioni tali non si sono rivelate già nel breve periodo. Ad esempio i Learning Object, la lim, gli e-book, i tablet ….. Più che di innovazione, si è trattato di mode. Inconsistenti, deboli. Per debole comprensione ed eccessiva semplificazione della questione che si proponevano di affrontare.
Anche secondo Gino Roncaglia
il rischio di didattica debole è insito in una diffusa tendenza alla sostituzione del libro di testo con i contenuti prelevati dalla rete; nonostante le innovazioni che la “rivoluzione” digitale sta generando, il libro di testo resta e deve restare un fondamentale punto di riferimento nell’insegnamento e nell’apprendimento scolastico per due sostanziali ragioni: la prima, è quella della sua natura “autoriale”, ovvero della garanzia di qualità che autore (ed editore) possono offrire, a differenza dei vari materiali reperibili in rete; la seconda è quella del carattere “narrativo” che lo qualifica, che si rischia di disperdere nell’uso di unità modulari digitali.
Ed anche se illustrissimi professori esprimono opinioni diverse
personalmente mi schiero con coloro che vedono in internet un formidabile strumento di arricchimento della didattica e delle pratiche educative, ma sempre affiancato, con pari dignità, agli altri strumenti tradizionali (lezioni frontali e libri di testo cartacei e non) ed all’interno di un percorso strutturato e gestito a scuola dall’insegnante.
Il rischio di una didattica troppo frammentata e priva di filo narrativo autorevole è evidente. Gran parte degli insegnanti si affida alle piattaforme digitali proposte dalle case editrici in cui i contenuti proposti sono in formato digitale, ma ristretti e monotoni.
Credo che internet possa contribuire a rendere gli ambienti di apprendimento molto più ricchi di quelli tradizionali e che per fare questo gli insegnanti debbano essere disposti a reinventarsi come autori multimediali. Si tratta di un compito tutt’altro che facile o banale ed è illusorio pensare che sia solo una questione di tempo (qualcuno potrebbe pensare che quando i nativi digitali saliranno in cattedra, come per magia la scuola ed internet si amalgheranno spontaneamente).
No, produrre strutture cognitive digitali è sicuramente laborioso e tanto più complesso quanto più si voglia rappresentare la complessità. In questo lavoro, tanto faticoso, quanto affacinante un aiuto importante può venirci dalle piattaforme di e-learning che ci aiutano proprio nel compito di strutturazione.